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FIGLI DELL’OFFICINA

Legato all’epopea degli “Arditi del Popolo”, il canto è stato ideato da Giuseppe Raffaelli e scritto da Giuseppe Del Freo su una musica probabilmente cantata in artiglieria già nel 1921. L’anarchico Raffaelli, nato il 30 gennaio 1892 a La Soggetta di Cerreto (Montagnoso) lavora nelle cave di Carrara come riquadratore e nel 1921 è uno degli organizzatori degli Arditi del Popolo di Massa Carrara. Certamente questo canto è tra i più diffusi nel movimento dei lavoratori ed ha subito diverse varianti a seconda dell’organizzazione politica che lo ha utilizzato soprattutto durante la lotta partigiana (ad esempio “Libere bandiere” al posto di “Bandiere rosse e nere”).

Il testo della versione qui proposta è ripreso da un opuscolo del 1945 della Federazione Anarchica di Carrara che lo riporta con altro titolo: “Inno partigiano”, mentre la musica è di Fabio Foka Rossi.


Figli dell’officina


Figli dell’officina o figli della terra
già l’ora s’avvicina della più giusta guerra.
La guerra proletaria guerra senza frontiere
innalzeremo al vento bandiere rosse e nere.

Avanti siam ribelli fieri vendicator
un mondo di fratelli di pace e di lavor.

Dai monti e dalle valli giù, giù scendiamo in fretta
con queste mai dai calli noi la farem vendetta.
Del Popolo gli Arditi noi siamo i fior più puri,
fiori non appassiti dal lezzo dei tuguri.

Avanti siam ribelli fieri vendicator
un mondo di fratelli di pace e di lavor.

Noi salutiam la morte bella e vendicatrice
che schiuderà le porte a un’era più felice.
Ai morti ci stringiamo e senza impallidire
per l’Anarchia pugnamo o vincere o morire.

Avanti siam ribelli fieri vendicator
un mondo di fratelli di pace e di lavor.