L’INTERNAZIONALE

Il testo originale nasce in Francia (giugno 1871) per opera del poeta della Comune di Parigi, Eugène Pottier. Pubblicato per la prima volta, secondo le informazioni di J. Maitron, sul giornale anar­chico francese “L'Agitateur” del 17-24 aprile 1892, viene più tardi adottato come inno ufficiale dal movimento socialista internazionale. Ancora nel novembre 1887 (anno di morte di E. Pottier) l'Inno non è musicato, lo sarà un anno dopo ad opera di un musicista del popolo mentre solo un decennio do­po, verso il 1898, l'Inno si generalizza in Francia e ben presto in tutto il mondo.

E. Pottier (Parigi 1816 1887) a 13 anni è apprendista tessitore con il padre.

"Ha 14 anni quando per le vie di Parigi ritorna la Marsigliese. È la prima scossa dopo la Restaurazione. Carlo ne è sbalzato. La Rivoluzione riprende l'avanzata in punta dì piedi...Il gio­vane Pottier cresce, lavora e studia. Ben presto diviene il beniamino del gruppo dei chansonniers, tipi di una specie tutta parigina, che ha lasciato un'impronta di originalità in quei tempi in ogni ramo dell'arte e del pensiero ribelle". Nel 1848 è ancora un sovversivo in erba, ha tren­tadue anni e la novità rivoluzionaria lo scuote e lo infervora "in un mondo di generose illusioni”.

Poi venne il giugno sanguinoso. La Repubblica trovò troppi amici nei suoi nemici, gli arricchiti da tutti i trionfi della reazione passata. Aderisce all'Internazionale, partecipa attivamente alla Comune di Parigi nel 1871 e, caduta l'esperienza comunarda, ripara a Newark (New Jersey) dove lavora come tessitore. Dopo dieci anni di esilio (1880) Pottier, sessantaquattrenne, fa ritor­no in Francia in seguito all'amnistia (e come lui fanno ritorno dalla Caledonia centinaia di rivo­luzionari) e riprende il suo posto di battaglia. Scrive di sé in una lettera a Lafargue: "Fui poco conosciuto dai pontefici Considerant, Toussenel, Cantagrel. Ero troppo rivoluzionario per questa democrazia moderata e la mia dinamite anarchica scoppiava sempre nelle loro pappe di parroc­chiani". Muore il 6 novembre 1887. Seimila persone seguono, il giorno dopo, il suo funerale (tra gli oratori, per gli anarchici, Luisa Michel), la polizia interviene perché non sopporta la ban­diera rossa dietro al feretro "ma dovette cedere, di fronte alla protesta di quei vecchi cospiratori ex galeotti, ex garibaldini, poeti e ribelli, che conducevano al finale riposo la salma di tanto battagliero militante".

 Il testo conosciuto, in italiano, de L'Internazionale (che non riportiamo), firmato con lo pseudonimo di Bergeret, è il vincitore di un concorso bandito dal giornale satirico “L'Asino” e pubblicato nel numero del 13 ottobre 1901. Si tratta di una versione che provoca non poche polemiche. A tal proposito va ricordato che sulla rivista “Pagine Libere” pubblicata a Lugano troviamo il seguente laconico commento: "... quanto diversa [l'opera di Pottier, N.d.C] da quel minestrone insipido a cui l'ha ridotta la traduzione italiana!" . Ma già alcuni anni addietro sulla prestigiosa rivista anarchica “Il Pensiero”, fondata da Luigi Fabbri e Pietro Gori, un inter­vento di G. Yvetot contribuisce a chiarire il significato del dibattito allora in corso in Francia sui due più conosciuti canti rivoluzionari, “La Marsigliese” e “L'Internazionale”: "”La Marsigliese”, questo vecchio canto di odio e di vendetta popolare contro i tiranni, non ha ormai più alcuna efficacia: ha fatto il suo tempo... Tutt'al più non ci resta che constatare l'idiotismo degli impe­ratori e dei re che sentono, senza capirle, parole come quelle dell'inno di Rouget de l'Isle, o, se no, bisogna che i tiranni ed i despoti abbiano molta filosofia, per non curarsi di quanto, in ogni strofa, c'è che direttamente li riguarda... I reazionari possono ormai usare ed abusare di questo canto nazionale che fu già del popolo, come oggi lo è “L'Internazionale”. Da molto tempo noi non cantiamo più “La Marsigliese”; da molto tempo è finito il suo effetto rivoluzionario e s'è spento l'entusiasmo che destava. Questo inno, che fu proscritto dai due Napoleone e dai re della restaurazione, adesso non serve più, in Francia, che come decorazione nelle cerimonie militari e ufficiali del governo!...Così oggidì L'Internazionale è l'espressione esatta di ciò che il popolo vuole e aspetta".

In quel momento non possono ancora sapere, gli anarchici, che anche “L'Internazionale” avrebbe fatto, pochi decenni dopo, nei paesi "comunisti", la fine che “La Marsigliese” ha fatto in Francia: una marcia nazionalista ammantata di internazionalismo, imbelle decorazione delle cerimonie militari e ufficiali di regime che esaurisce in questo modo effetti ed entusiasmi di mi­lioni di proletari. Molti anni dopo, quasi a continuare il discorso dei sindacalisti rivoluzionari di “Pagine Libere”, che definiscono un minestrone la pessima versione italiana del canto di E. Pot­tier, interviene Pier Carlo Masini in una lettera a Gianni Bosio: "È verissimo. La versione italiana dell' Internazionale è un tradimento letterario e politico, un volgare adattamento opportunisti­co delle parole e delle idee di Pottier all'epoca della Seconda Internazionale. Bisognerebbe pro­muovere una inchiesta per stabilire come si svolse il famoso concorso indetto dal giornale “L'A­sino”, chi furono i promotori, chi gli esaminatori, chi l'autore dello scempio, celato dietro lo pseudonimo di Bergeret. E poiché il socialismo italiano non è più in età scolare, proporrei addi­rittura di rifare il concorso, per sostituire all'edizione purgata una traduzione fedele, integrale e moderna".

Non bisogna dimenticare, però, che, già prima di Masini, ad Armando Borghi non era sfuggita la critica di “Pagine Libere” alla versione italiana de “L'internazionale”, essendo Borghi parte­cipe diretto del sindacalismo rivoluzionario fino a diventare, dopo la fuoriuscita degli interven­tisti, segretario generale dell'Unione Sindacale Italiana. Borghi, infatti, nel sottolineare la nota stonata in salsa italiana del canto di Pottier lo traduce "liberamente, per non sacrificarne lo spi­rito per la forma, come è sciaguratamente avvenuto nelle maldestre traduzioni italiane".

 

L’Internationale

Debout ! les damnés de la terre 
debout ! les forçats de la faim 
la raison tonne en son cratère:
c’est l’éruption de la fin 
du passé faisons table rase 
foule esclave, debout ! debout! 
Le monde va changer de base :
nous ne sommes rien, soyons tout!

C’est la lutte finale 
groupons nous et demain 
L’Internationale sera le genre humain.

Il n’est pas de sauveurs suprêmes : 
ni dieu, ni césar, ni tribun, 
producteurs, sauvons-nous nous-mêmes 
décrétons le salut commun ! 
pour que le voleur rende gorge, 
pour tirer l’esprit du cachot 
soufflons nous-mêmes notre forge, 
battons le fer quand il est chaud !

C’est la lutte finale 
groupons nous et demain 
L’Internationale sera le genre humain.

L’Etat opprime et la loi triche 
l’impôt saigne le malheureux 
nul devoir ne s’impose au riche 
le droit du pauvre est un mot creux. 
C’est assez languir en tutelle, 
l’égalité veut d’autres lois 
« Pas de droits sans devoirs, dit-elle, 
« Egaux, pas de devoirs sans droits ! »

C’est la lutte finale 
groupons nous et demain 
L’Internationale sera le genre humain.

 Hideux dans leur apothéose, 

les rois de la mine et du rail 
ont-ils jamais fait autre chose 
que dévaliser le travail ? 
Dans les coffres-forts de la bande 
ce qu’il a créé s’est fondu. 
En décrétant qu’on le lui rende 
le peuple ne veut que son dû.

C’est la lutte finale 
groupons nous et demain 
L’Internationale sera le genre humain.

Les Rois nous saoulaient de fumées. 
Paix entre nous, guerre aux tyrans ! 
Appliquons la grève aux armées, 
Crosse en l’air et rompons les rangs ! 
S’ils s’obstinent, ces cannibales, 
a faire de nous des héros, 
ils sauront bientôt que nos balles 
sont pour nos propres généraux.

C’est la lutte finale 
groupons nous et demain 
L’Internationale sera le genre humain.

Ouvriers, Paysans, nous sommes 
le grand parti des travailleurs ; 
la terre n’appartient qu’aux hommes, 
le riche ira loger ailleurs. 
Combien de nos chairs se repaissent ! 
Mais si les corbeaux, les vautours, 
un de ces matins disparaissent

le soleil brillera toujours !

C’est la lutte finale 
groupons nous et demain 
L’Internationale sera le genre humain.

L’Internazionale

Su! Su! dannati della terra!
Su! derelitti e senza pan,
La giustizia rugge sotterra,
Il tracollo non è lontan.
Il passato sepolto giaccia,
Folla di schiavi! sorgi, or su!
Il mondo sta per mutar faccia,
"Tutto sarà chi nulla fu!

 È la lotta finale!
"Tutti uniti, e sarà L'Internazionale,
l'intera umanità”.

Non v'han supremi protettori
né dio, né re, né capo alcun;
da noi pensiam, lavoratori
a conquistar il ben comun
se frenar vogliam la rapina
se il pensier libero vogliam,
soffiamo noi nella fucina
rovente è il ferro, lo battiam! 

È la lotta finale!
"Tutti uniti, e sarà L'Internazionale,
l'intera umanità”.

Tiranno stato e legge infida
balzel che fino al sangue va
nessun dover al ricco è guida,
diritti il povero non ha.

In tutela ci hanno conflitto,
uguaglianza altre leggi diè:
“Senza dover non c’è diritto
Senza diritto dover non c’è!”
È la lotta finale!
"Tutti uniti, e sarà L'Internazionale,
l'intera umanità”.

Nel fasto guazzano i padroni
Della miniera e dell’acciar.
Cos’altro han fatto quei predon
Che sul lavor altrui rubar?
Nei forzieri va della banda
Quanto l’uomo produrre suol:
ora la restituzion comanda,
ciò che gli spetta, il popol vuol.

È la lotta finale!
"Tutti uniti, e sarà L'Internazionale,
l'intera umanità”.

La borghesia ci ha massacrati
sia guerra a lei, fra noi non più!
In sciopero ancor noi, soldati:
scuotiam la dura servitù!
E se l'ordin riceveremo
contro i fratelli di sparar,
ai cannibali insegneremo
la vita umana a rispettar!

È la lotta finale!
“Tutti uniti, e sarà L'Internazionale,
l'intera umanità”.

Siamo noi, coloni ed operai,
il gran partito del lavor,
la terra ci appartiene ormai,
a oziare altrove andrà il Signor
quanti succhiano il sangue a noi!
Ma un bel mattino se avverrà
che fuggan corvi ed avvoltoi,

per sempre il sole splenderà!

È la lotta finale!
“Tutti uniti, e sarà L'Internazionale,
l'intera umanità”.

 

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